Redazione

Il confronto tra il Napoli di Spalletti e quello di Maradona

Con la vittoria dello Scudetto di questa stagione, Spalletti ha riportato il tricolore all’ombra del Vesuvio dopo 33 anni di astinenza. Un digiuno lungo e sofferto, nel quale la società ha attraversato parecchi alti e bassi, anche finanziari, che, però, da quando è arrivato de Laurentiis, si è messa definitivamente alle spalle.

La mirata gestione delle casse, la quasi manicale attenzione ad ogni singolo dettaglio presente nei contratti da far firmare a giocatori, allenatori e staff e una buona rete di osservatori guidati quasi sempre da direttori sportivi affidabili e professionali si sono rivelati fattori che hanno portato al patron azzurro e ai tifosi un successo che sembrava quasi non dover mai arrivare.

Però, alla fine è arrivato, e ciò grazie al suo lavoro, oltre che di quello di tutti i suoi collaboratori nei vari livelli della società. Il popolo partenopeo non sempre ha visto di buon occhio il suo operato, ma, a conti fatti, ogni sua scelta si è rivelata azzeccata e, per di più, in una stagione che appena otto mesi fa aveva visto tante partenze eccellenti.

Infatti, erano andati via tutti i principali protagonisti degli anni scorsi, come Mertens, Insigne e Koulibaly. Bastano questi tre nomi a far comprendere la portata di ciò che stava perdendo il Napoli che, di contro, quasi come uno schermidore dà la contro-stoccata decisiva, è riuscito a trovare i giusti rimpiazzi da integrare in una rosa che era ormai abituata ad avere quasi sempre gli stessi interpreti, facendo anche ben quadrare i conti del bilancio.

E così, via i senatori, dentro i nuovi arrivati, come Kim Min-Jae, Kvicha Kvaratskhelia, Mathias Olivera, Giovanni Simeone e Giacomo Raspadori, tutti profili portati nel capoluogo campano a costi contenuti e rivelatisi perfetti, sia tecnicamente che umanamente, per un contesto che si trovava in piena rifondazione.

Alle loro doti, però, vanno poi aggiunte quelle di mister Spalletti, che mai come quest’anno ha saputo infondere coraggio e le giuste motivazioni ai suoi ragazzi rivitalizzando anche giocatori che fino alla stagione scorsa non erano mai riusciti ad emergere.

Insomma, quello del tecnico di Certaldo e della sua squadra è stato un capolavoro sportivo, tanto che in molti hanno rispolverato paragoni d’eccezione con il Napoli di Diego Armando Maradona. Tuttavia, ci sono alcune differenze che meritano attenzione.

Napoli di Spalletti vs quello di Maradona: le differenze

Innanzitutto, la differenza che subito salta all’occhio è quella che riguarda il bilancio vittorie-sconfitte, con una media di punti che, pur tenendo conto che ai tempi di Maradona venivano assegnati due punti per la vittoria al contrario di oggi, è stata migliore di quella registrata dal Napoli di Bianchi e Bigon.

Ciò è emerso sin dalle prime giornate, quando gli azzurri, dopo soltanto quindici giornate, aveva già distanziato di ben otto punti la seconda in classifica e segnato molti più gol di quanti ne abbiano fatti Diego e compagni (37 contro i 23 della stagione 1986-1987 e i 24 della 1989-1990).

Un discorso, questo, che comunque lascia il tempo che trova, poiché i tempi sono cambiati, il calcio si evolve e quello interpretato da Spalletti rientra appieno in quella che è la filosofia di oggi. Possesso palla, rapidità nei passaggi e sfruttare ogni minima situazione favorevole e, in questo, l’allenatore toscano è stato bravo a farlo recepire ai suoi giocatori, tanto che Maradona Jr, figlio di Diego, lo ha definito “Il Maradona di questo Napoli” e che è stata “una vittoria di un gruppo coeso, guidato da un tecnico strepitoso”.

Ed è un po’ questa anche l’interpretazione emersa anche nell’intervista a Pizzul e Collovati, con lo storico telecronista che ha esaltato la rosa e non i singoli. “È l’intero complesso che viene valorizzato” ha detto, mentre in passato Maradona “era il Sole, era lui che rappresentava la squadra”.

Ad ogni modo, senza alcune individualità, questo successo sarebbe stato ben più complicato. Osimhen è in lizza per diventare il capocannoniere della Serie A di quest’anno e, se dovesse farcela, sarebbe il primo per un Napoli campione d’Italia, poiché, nelle due stagioni in cui ha vinto, i migliori marcatori erano stati prima Pietro Paolo Virdis e poi Marco Van Basten.

Senza poi tralasciare i guizzi di Kvara, l’intelligenza tattica di Lobotka e gli interventi difensivi di Kim, i quali, però, va detto, sono stati ben supportati da tutti i loro compagni, anche da quelli che hanno visto meno il campo, nel corso di questa straordinaria stagione.